TERAPIE CHELANTI

La salassoterapia non è l'unica terapia possibile per il sovraccarico di ferro. Vi sono alcune patologie in cui è necessario l'utilizzo di farmaci ferro-chelanti (farmaci in grado di legare ed eliminare il ferro). Il farmaco oggi più utilizzato per l'eliminazione del ferro dall'organismo è la deferoxamina (nome commerciale: Desferal).

DEFEROXAMINA
E' un farmaco disponibile in fiale da 500mg l'una. La somministrazione regolare di deferoxamina mediante pompa sottocutanea in 8-12 ore con frequenza settimanale variabile a seconda della gravità del sovraccarico di ferro oppure mediante iniezioni sottocutanee, è in grado di ridurre significativamente l'accumulo di ferro mantenendolo entro i limiti di sicurezza prevenendo o ritardando la comparsa delle complicanze cliniche. La complessità della somministrazione, la possibilità di effetti collaterali e il costo di questo farmaco, hanno sempre stimolato la ricerca di nuovi farmaci da somministrare per bocca. Nasce così il deferiprone (nome commerciale: Ferriprox) che è il chelante orale meglio studiato finora e l'unico ad essere stato registrato in Europa e in alcuni paesi asiatici.

DEFERIPRONE
Chelante orale somministrabile sotto forma di compresse da 500 mg l'una, somministrato con dosaggio di 75 mg/Kg/giorno. L'eliminazione del ferro con il deferiprone avviene soprattutto per via renale (con le urine) e in parte per via biliare (con le feci). Questo farmaco è stato soprattutto studiato nei pazienti con accumulo di ferro post-trasfusionale affetti da ß-talassemia major che non avevano risposto bene alla terapia con la deferoxamina. Nella maggior parte di questi pazienti si sono osservate significative riduzioni dei livelli di ferritina nel sangue e una riduzione significativa della concentrazione di ferro nel fegato (valutato con la biopsia epatica).

Come tutti i farmaci però anche il deferiprone ha degli effetti collaterali:
- riduzione dei globuli bianchi e in particolare dei neutrofili (i globuli bianchi che intervengono nelle infezioni batteriche) per cui è necessario controllare un emocromo ogni 7-10 giorni durante la terapia;
- aumento transitorio delle transaminasi, riportato nel 30-60% dei pazienti;
- disturbi gastrointestinali come nausea, vomito, dolori addominali;
- dolori articolari;
- fibrosi epatica (suggerita da un unico studio internazionale peraltro molto contestato); è una condizione che potrebbe essere comunque solo spiegata dall'azione patogenetica del ferro accumulato in eccesso nel fegato o dalla concomitante infezione da virus epatitici, evento molto frequente nei politrasfusi.
I primi quattro effetti collaterali sono comunque tutti reversibili dopo l'interruzione del trattamento.

Il deferiprone oggi in Italia può essere utilizzato solo a determinate condizioni:
1) in pazienti allergici alla deferoxamina;
2) in pazienti che hanno manifestato gli effetti tossici della deferoxamina
3) in pazienti in cui è importante l'associazione dei due farmaci.

La terapia con deferoxamina è indicata anche nei pazienti con anemia e sovraccarico di ferro non trasfusione-dipendente, quali i pazienti con anemia diseritropoietica. Nei pazienti affetti da emocromatosi genetica o in pazienti con epatopatia cronica e sovraccarico di ferro secondario, la deferoxamina è indicata qualora non fosse possibile eseguire la salassoterapia (cardiopatia severa, anemia o cirrosi avanzata). In queste stesse patologie, l'uso del deferiprone è fattibile ma limitato alle condizioni di cui sopra. Il deferiprone oggi può essere prescritto solo da un medico specialista ospedaliero ed ha un utilizzo solo sperimentale nelle patologie da sovraccarico di ferro non trasfusionale.

Dott.ssa Chiara Corengia
Centro per lo Studio del Metabolismo del Ferro, Monza

[Articolo pubblicato il 30-08-01]