L'EMOCROMATOSI NEONATALE
In questo articolo vi vogliamo raccontare la storia di un nostro pazientino,
che per tutela della privacy chiameremo Gioele.
E' nato il 21/12/2005 con taglio cesareo alla 37^ settimana, ma è stato seguito
presso il nostro Ambulatorio, in collaborazione con la Divisione di Ginecologia
dell'Ospedale, a partire dal suo concepimento.
La malattia rara da cui era affetto si chiama Emocromatosi Neonatale. Va subito precisato che questa patologia non deve essere confusa con la più nota forma di Emocromatosi, quella, per intenderci, dovuta a mutazioni del gene HFE, né con le altre forme di emocromatosi ereditaria ad esordio nell'età adulta o giovanile oggi conosciute.
L'Emocromatosi Neonatale è una peculiare sindrome caratterizzata da un accumulo severo di ferro a carico di fegato, cuore, pancreas, e vari altri tessuti con una espressione di malattia molto severa e quasi sempre mortale, a volte già nella vita intrauterina, più spesso entro poche settimane dalla nascita. E' una patologia rara, sono descritti in letteratura circa 100 casi e il tasso di mortalità è stimato pari al 75%. I pochi sopravvissuti sono in gran parte i neonati che hanno avuto la possibilità di eseguire un trapianto di fegato.
Il feto si ammala già durante il terzo trimestre di gravidanza. Le gravidanze sono spesso complicate da ritardo di crescita intrauterina del feto, alterazioni della placenta e del liquido amniotico o addirittura da morte intrauterina. Alla nascita, che spesso avviene prematuramente per lo stato di sofferenza fetale, i neonati presentano un'insufficienza epatica acuta e un fegato cirrotico. E' tipicamente presente un severo sovraccarico di ferro sia epatico che extraepatico. Le forme aggressive sono le più frequenti anche se sono riportati sporadici casi ad espressione più lieve.
Le complicanze, legate all'insufficienza epatica, sono le emorragie da grave alterazione della coagulazione, la ritenzione di acqua nel tessuto sottocutaneo (edema) e nella cavità addominale (ascite), l'ipoglicemia, l'anemia, l'ittero, l'insufficienza renale, le aritmie cardiache, l'ipertensione venosa portale, il tumore del fegato ed il decesso entro il primo mese di vita per emorragia incontrollabile o per setticemia accompagnata da multipla insufficienza d'organo. Gli indici del metabolismo del ferro sono elevati, con valori di ferritina superiori a 800 mcg/L e percentuale di saturazione della transferrina superiore all'80%. Nei frammenti bioptici di fegato e di tessuti extraepatici (ottenuti spesso, ahimè, post-mortem) è presente un importante accumulo di ferro sotto forma di accumulo di emosiderina.
L'emocromatosi neonatale deve essere sospettata in ogni neonato che presenti un quadro clinico di insufficienza epatica acuta ad esordio nei primi giorni di vita. Fondamentale è la tempestività della diagnosi. Le possibilità terapeutiche mediche sono scarse e consistono nel tentativo di correggere le gravi alterazioni correlate all'insufficienza epatica (trasfusione di fattori della coagulazione, piastrine, albumina, plasma fresco, sostegno farmacologico del sistema cardiovascolare). Viene inoltre somministrato un «cocktail» antiossidante e ferrochelante costituito dalla associazione di desferrioxamina (Desferal), vitamina E, N-acetilcisteina, selenio e prostaglandine E1 fino ad ottenere valori di ferritina inferiori a 500 mcg/L. La risposta alla terapia ferrochelante si valuta misurando l'escrezione del ferro nelle urine (sideruria) e sull'andamento del quadro clinico e laboratoristico, compresi naturalmente gli indici del ferro. Se non si ottiene una soddisfacente risposta entro le settantadue ore è d'obbligo proporre il trapianto di fegato, unica chance di sopravvivenza gravata comunque da un alto tasso di mortalità intra e postoperatoria.
La causa della malattia è sconosciuta. Sono state poste diverse ipotesi solo parzialmente convincenti. Non ci sono differenze legate a origini etniche o sesso, ossia il numero di neonati maschi o femmine affetti si equivale. La modalità di trasmissione è variabile e non è ascrivibile in modo convincente ad una forma genetica specifica. Una importante caratteristica dell'emocromatosi neonatale è che esiste un'elevata ricorrenza di malattia all'interno della stessa famiglia, con una probabilità pari all'80% di avere un secondo figlio affetto dopo il primo e l'evidenza dell'esistenza di un fattore materno. Infatti sono stati riportati in letteratura casi di neonati affetti da emocromatosi neonatale, figli della stessa madre (che aveva già avuto un figlio affetto) ma con padre diverso, cosa che non è mai stata verificata in figli del medesimo padre ma con madri diverse. Sulla base di una serie di osservazioni, è stata recentemente ipotizzata come causa, un'alterata risposta immunitaria materna durante la gravidanza, così come accade per altre patologie analoghe (ricordo una forma probabilmente più conosciuta quale la malattia emolitica neonatale che si verifica in coppie con gruppo sanguigno Rh diverso: padre Rh positivo e madre Rh negativa). Nel caso dell'emocromatosi neonatale è stato ipotizzato che, per un errore di riconoscimento, la madre produca degli anticorpi contro una particolare proteina fetale che nel fegato è coinvolta nella regolazione del ferro durante vita fetale. E' stata così recentemente proposta una terapia specifica che prevede l'uso di immunoglobuline nella madre a rischio a partire dalla 18^ settimana di gestazione. I risultati preliminari mostravano una netta diminuzione del tasso di mortalità (nessun decesso contro l'atteso 75%) e una minore gravità di presentazione della sindrome.
Ma torniamo al nostro neonato... Lui aveva una sorella maggiore che purtroppo non ce l'ha fatta ed è morta al 25° giorno di vita per insufficienza epatica acuta da emocromatosi neonatale. I genitori si sono rivolti al nostro Centro quando già aspettavano Gioele. Indagando la madre essa è risultata verosimilmente affetta da una malattia autoimmune mai diagnosticata. In collaborazione con la divisione di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale San Gerardo è stata impostata la terapia con immunoglobuline umane a partire dalla 18^ settimana. Alla nascita il bambino non presentava segni clinici di malattia, ma gli esami di laboratorio evidenziavano valori di ferritina assai elevati (4000 mcg/L con una percentuale di saturazione della transferrina elevata). Erano inoltre presenti alterazioni degli indici di funzionalità epatica e della coagulazione, indicative di uno stato di sofferenza epatica. E' stata quindi impostata la terapia chelante con desferrioxamina sottocute e con antiossidanti, con buona risposta. Alla sedicesima giornata di terapia la desferrioxamina è stata sospesa per la comparsa di un'infezione delle vie urinarie.
Gioele è stato dimesso alla 28^ giornata in buone condizioni generali con valori di ferritina di 600 mcg/L e con l'indicazione a continuare la terapia chelante sottocute ed antiossidante al domicilio. A completamento diagnostico è stata eseguita RMN fegato al trentottesimo giorno che ha escluso la presenza di sovraccarico di ferro marcato. La terapia chelante è stata quindi sospesa mentre la terapia antiossidante con vitamina E è stata protratta fino ai due mesi. Gioele al momento è in buone condizioni di salute e continuerà il follow up presso il nostro Ambulatorio e il suo pediatra. Attualmente i valori di ferritina e gli indici epatici si sono normalizzati o quasi.
Anche se la letteratura esistente è esigua, si ritiene che una volta rimosso il ferro depositato durante la vita fetale, esso non si dovrebbe più accumulare e che, in assenza di danni residui, il neonato dovrebbe avere un'aspettanza di vita normale. In letteratura è descritto un solo caso di sviluppo di un ulteriore sovraccarico di ferro in un neonato dopo trapianto di fegato verosimilmente da correlare alla presenza di una forma di emocromatosi classica. Non sappiamo con certezza quello che sarà, ma sicuramente possiamo dire che la terapia preventiva con immunoglobuline durante la gravidanza ha ridotto l'espressione di malattia alla nascita in Gioele, mentre il tempestivo intervento terapeutico ha permesso di rimuovere il ferro depositato garantendogli la possibilità di una vita verosimilmente normale.
Dr.ssa Alessandra Salvioni
Dr. Alberto Piperno
[Articolo pubblicato il 24-04-06]