UN NUOVO TEST PER LO STUDIO DELL'EMOCROMATOSI
L'Emocromatosi è una malattia ereditaria che conduce al progressivo sviluppo di un sovraccarico di ferro a livello di diversi organi. A causa dell'effetto tossico del ferro la struttura e la funzione degli organi interessati può essere danneggiata e questo accade nello stadio conclamato di malattia. La maggior parte dei casi di Emocromatosi è ascrivibile ad un unico gene chiamato HFE e alle sue due mutazioni più comuni (C282Y e H63D). Tuttavia negli ultimi anni sono stati descritti altri tipi di Emocromatosi più rari e dovuti a difetti di altri geni coinvolti nella regolazione del metabolismo del ferro, tra cui il gene dell'epcidina.
L'epcidina, scoperta nel 2001, è una proteina di piccole dimensioni che funziona come ormone, portando cioè un messaggio in tessuti e organi diversi da quello dove viene prodotto. È il regolatore chiave dell'equilibrio del ferro nell'organismo e ha un'azione inibitoria: è prodotta dal fegato e blocca l'assorbimento intestinale del ferro e il rilascio di ferro dai macrofagi (le cellule che servono per riciclare il ferro contenuto nei globuli rossi dopo che questi muoiono), le due principali vie attraverso cui il ferro entra nel circolo sanguigno.
Nell'individuo normale, l'epcidina viene prodotta in funzione delle necessità di ferro: se si riduce il ferro o se aumenta l'attività eritropoietica (la produzione dei globuli rossi nel midollo osseo, che richiede ferro) la produzione di epcidina si riduce e quindi il ferro entra nel sangue; al contrario, se il ferro nell'organismo tende ad aumentare e non è richiesto ferro da parte del midollo osseo, aumenta la produzione di epcidina che blocca l'ingresso di ferro nel sangue, come si può vedere in questa figura:
Il controllo esercitato dall'epcidina è talmente efficiente che nel soggetto normale la somministrazione di una singola compressa di ferro (65 mg di ferro solfato) causa un aumento della produzione di epcidina nelle successive 24 ore. La somministrazione di una compressa di ferro può essere quindi considerata un test che permette di valutare la risposta dell'epcidina all'ingresso di ferro nel circolo per via intestinale.
Nell'Emocromatosi classica, la produzione di epcidina è inadeguata rispetto alla quantità di ferro depositato. Quindi l'assorbimento di ferro intestinale e il rilascio di ferro dal macrofago sono maggiori del dovuto e si sviluppa un progressivo accumulo di ferro. Per capire la risposta di epcidina allo stimolo acuto da ferro, abbiamo partecipato ad uno studio multicentrico che ha valutato la produzione di epcidina prima e dopo l'assunzione di una compressa di ferro nei pazienti con Emocromatosi HFE, sia al momento della diagnosi (quando avevano il sovraccarico) che al raggiungimento della ferrodeplezione (quando le ferritina era < 50 mcg/l), cioè dopo la salassoterapia.
Lo studio ha coinvolto anche altri gruppi impegnati nello studio dell'Emocromatosi (Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell'Ospedale San Raffaele di Milano coordinato dalla Prof.ssa Camaschella, il Dipartimento di Medicina Interna dell'Università di Verona condotto dal Prof. Girelli e il centro di ricerca situato presso l'Università della California, Los Angeles, diretto dal Prof. Ganz).
Da gennaio 2005 a gennaio 2007 sono stati studiati 88 pazienti (di cui 57 presso il nostro Centro). I dati ottenuti dai pazienti sono stati confrontati con quelli ottenuti in 23 soggetti sani. Il protocollo prevedeva:
– visita medica ed esecuzione degli esami ematochimici volti all'idoneità
allo studio, firma del consenso informato alla partecipazione allo studio e
consegna del materiale per eseguire il test;
– raccolta di un campione delle prime urine della mattina seguita
dall'assunzione di una compressa di ferro e dalla raccolta di un secondo
campione di urine dopo 24 ore;
– controllo degli indici del ferro 24 ore dopo l'assunzione della compressa.
Nei pazienti affetti da Emocromatosi HFE alla diagnosi abbiamo osservato che la produzione di epcidina era inadeguata, cioè troppo bassa rispetto ai depositi di ferro. Tale alterazione era più marcata nei pazienti omozigoti C282Y rispetto ai pazienti eterozigoti composti C282Y/H63D. Abbiamo pertanto potuto concludere che entrambi gli assetti genetici determinano un'alterazione della regolazione del metabolismo del ferro con il conseguente aumentato rischio di sviluppare un sovraccarico. Lo stato di omozigosi C282Y determina però un'alterazione più significativa.
Alla ferrodeplezione, sia i pazienti omozigoti C282Y che gli eterozigoti composti avevano livelli di epcidina ancora più bassi di quelli osservati alla diagnosi. Questo può essere spiegato dal fatto che rimuovendo il sovraccarico mediante i salassi si riduce lo stimolo alla produzione di epcidina legata ai depositi di ferro. Poiché la ferrodeplezione rende i pazienti più simili ai controlli sani (senza sovraccarico), si rende più evidente l'alterata produzione di epcidina nei pazienti. Dopo 24 ore dall'assunzione della compressa di ferro la produzione di epcidina non aumentava nei pazienti con Emocromatosi HFE, sia nei pazienti alla diagnosi sia alla ferro deplezione. La spiegazione di tale risultato è ascrivibile al fatto che nei pazienti affetti da Emocromatosi la produzione basale di epcidina è già massimale per cui la risposta ad un aumentato ingresso di ferro è minima.
Il lavoro è stato pubblicato su una importante rivista scientifica (Blood 2007; 110: 4096-100). Il test ha permesso di ampliare le conoscenze sui meccanismi alla base dello sviluppo dell'Emocromatosi HFE-correlata. Alcune domande necessitano ancora di risposte. In particolare, sarebbe interessante capire se questo test può essere utile nella valutazione clinica del paziente. A tale scopo è in corso un'estensione dello studio per capire meglio com'è la produzione di epcidina nel corso delle prime 24 ore dopo l'assunzione delle compressa di ferro nei pazienti con Emocromatosi HFE e nei sani.
L'Associazione ha contribuito all'esecuzione di tale studio: ha permesso il rimborso di alcuni esami, ha sostenuto le spese di spedizione del materiale biologico in USA e ha fornito un contributo economico a parte dello staff medico coinvolto. Un sentito GRAZIE!
Dr.ssa Paola Trombini
Valentina Paolini
[Articolo pubblicato il 30-10-08]