L'EMOCROMATOSI

Definizione

L'emocromatosi è una malattia ereditaria caratterizzata dallo sviluppo di un progressivo accumulo di ferro nell'organismo.

Si riconoscono oggi cinque forme geneticamente distinte di emocromatosi; quattro di esse sono a trasmissione autosomica recessiva e una dominante.

Autosomica: riguarda le 22 coppie di cromosomi che non partecipano alla determinazione del sesso.
Recessiva: è la malattia che si manifesta in presenza di un doppio difetto ereditato da entrambi i genitori.
Dominante: è la malattia che si manifesta in presenza di un singolo difetto ereditato da un solo genitore.

La forma più comune è dovuta a mutazioni del gene HFE.
Le altre quattro forme sono rare: l'emocromatosi giovanile causata da mutazioni del gene HJV e dal gene HAMP, una forma di emocromatosi dell'adulto determinata da mutazioni del gene del recettore 2 della trasferrina (TfR2) e, infine, la forma dominante dovuta a mutazioni del gene SLC40A1 (ferroportina).
Queste ultime forme vengono spesso accumunate nel termine generico di emocromatosi non-HFE.

Esistono poi altre forme di sovraccarico di ferro ereditarie o acquisite che vanno distinte dall'emocromatosi, ma che conducono a complicanze cliniche simili: il sovraccarico di ferro da eritropoiesi inefficace nelle sindromi talassemiche, nell'anemia sideroblastica congenita e nelle anemie diseritropoietiche ereditarie; il sovraccarico di ferro da aceruloplasminemia e da ipotransferrinemia ereditaria, il sovraccarico post-trasfusionale e altre ancora (vedi Il sovraccarico di ferro).

Epidemiologia

La seguente tabella riporta le diverse forme oggi note causa di emocromatosi, il gene e la proteina coinvolta, il carattere recessivo o dominante, alcuni dati epidemiologici e la denominazione recentemente proposta (scorrere orizzontalmente se non è completamente visibile).

Gene Locus Proteina Fenotipo Frequenza e distribuzione Denominazione
HFE 6p22.2 HFE Autosomico recessivo Frequente nelle popolazioni di origine europea HFE-HC
HAMP 1q21.1 Emojuvelina Autosomico recessivo Rara; non ha preferenza etnica HJV-HC
HJV 19q13.12 Epcidina Autosomico recessivo Ultra rara; non ha preferenza etnica HAMP-HC
TFR2 7q22.1 Recettore 2 della transferrina Autosomico recessivo Rara; non ha preferenza etnica TFR2-HC
SLC40A1 2q32.2 Ferroportina (mutazioni gain-of-function)* Autosomico dominante Rara; non ha preferenza etnica Fpgf-HC
PIGA Xp22.2 Phosphatidyl-inositol N-acetil-glucosaminil-transferasi X-linked Ultra-rara; non ha preferenza etnica PIGA-CDG/ NEDEPH**

* Le mutazioni Gain-of-Function (guadagno di funzione) sono mutazioni che determinano un'aumentata attività della proteina; nel caso specifico la ferroportina diventa resistente all'azione di epcidina e rimane espressa in membrana aumentando il rilascio di ferro dalle cellule intestinali e dal macrofago nel sangue e la concentrazione di ferro nel sangue. Mutazioni Loss-of-Function di SLC40A1 sono responsabili di una patologia nota come deficit di ferroportina distinta dalle forme di emocromatosi in quanto caratterizzata da un accumulo di ferro prevalentemente macrofagico e dalla normalità della saturazione della transferrina.
** NEDEPH: neurodevelopmental disorder with epilepsy and hemochromatosis (malattia dello sviluppo neurologico con epilessia ed emocromatosi).

L'emocromatosi HFE-correlata è la forma più comune nelle popolazioni di origine caucasica (europea) e rappresenta più dell'80% di tutte le forme di emocromatosi. Nella stragrande maggioranza dei casi è dovuta ad una singola mutazione (p.C282Y) presente in omozigosi.

La frequenza del genotipo omozigote p.C282Y varia ed è particolarmente elevata nelle popolazioni del nord Europa: un caso su cento abitanti in Irlanda, circa un caso su 300 nei paesi anglosassoni e nella Bretagna, con un gradiente decrescente da nord a sud.

In Italia, la frequenza massima è nelle aree subalpine (circa 1 caso su 500 abitanti) per scendere a meno di 1:2000 dalla pianura padana verso il centro-sud. In pratica, nelle popolazioni di origine nord-europea, l'emocromatosi HFE non può considerarsi malattia rara, ma lo è nelle popolazioni europee di origine mediterranea e nel resto del mondo (per quanto riguarda le origini della mutazione p.C282Y e la sua distribuzione vedi Emocromatosi: che storia).

Nel 5% circa delle diverse casistiche si può riscontrare un genotipo composto dalla mutazione p.C282Y e una variante polimorfica del gene HFE molto comune (p.H63D) responsabile di forme lievi di sovraccarico di ferro in cui si riscontra spesso la presenza di altri fattori che ne favoriscono la manifestazione.

Esistono poi rare condizioni in cui la mutazione principale p.C282Y si associa a mutazioni rare sporadiche o casi di delezione dell'intero gene HFE (con il termine sporadico si intendono mutazioni insorte in singole famiglie o in piccoli gruppi appartenenti ad aree geografiche circoscritte).

La tabella riporta i diversi genotipi HFE che si possono riscontrare e la loro rilevanza clinica.

p.Cys282Tyr (p.C282Y)
omozigosi
Genotipo più frequente, con penetranza variabile. Conferma il sospetto di emocromatosi nel contesto di un documentato accumulo di ferro (TSAT e ferritina elevate). Lo screening familiare biochimico e genetico è consigliato. In caso di indici del ferro normale, il paziente va considerato a rischio di emocromatosi, ma non affetto e rivalutato a distanza di 1-2 anni o più.
p.Cys282YTyr/p.His63Asp
(p.C282Y/p.H63D)
eterozigosi composta
Genotipo con bassa penetranza. Il rischio di sviluppare un sovraccarico di ferro clinicamente rilevante e complicanze cliniche è improbabile. Opportuno valutare la coesistenza di altri fattori (introito alcolico, malattie epatiche e dismetaboliche) che possono favorire il sovraccarico di ferro, l'iperferritinemia e il danno epatico. Lo screening familiare biochimico è consigliato.
p.His63Asp (p.H63D)
omozigosi
Genotipo presente nel 1-2% della popolazione italiana la cui rilevanza clinica è incerta. La diagnosi di emocromatosi, seppur dubbia, non può essere esclusa, ma tutte le altre cause in grado di indurre un sovraccarico di ferro o un'iperferritinemia devono essere valutate con attenzione. Lo screening familiare biochimico è consigliato.
p.Cys282Tyr (p.C282Y)
eterozigosi
Genotipo non consistente per la diagnosi di emocromatosi. In alcuni casi sono presenti minime alterazioni degli indici del ferro. Nel caso di un documentato accumulo di ferro (TSAT e ferritina elevate), va considerata l'esistenza di mutazioni rare in eterozigosi composta (vedi sotto) o di altre cause di sovraccarico di ferro e il paziente dovrebbe essere indirizzato a centri di riferimento per la patologia.
p.His63Asp (p.H63D)
eterozigosi
Genotipo molto frequente nella popolazione generale (in Italia un caso su 4 abitanti) e privo di rilevanza clinica. Nel caso di un documentato accumulo di ferro (TSAT e ferritina elevate), va considerata l'esistenza di altre forme di emocromatosi o altre cause di sovraccarico di ferro e il paziente dovrebbe essere indirizzato a centri di riferimento per la patologia.
Genotipo wild-type Soggetto normale. Nel caso di un documentato accumulo di ferro (TSAT e ferritina elevate), va considerata l'esistenza di altre forme di emocromatosi o altre cause di sovraccarico di ferro e il paziente dovrebbe essere indirizzato a centri di riferimento per la patologia.
p.Cys282Tyr/mutazione HFE rara
eterozigosi composta
Genotipo raro. Il soggetto è affetto da emocromatosi. La ricerca della variante rara va eseguita in soggetti eterozigoti p.Cys282Tyr con fenotipo emocromatosico accertato, presso centri di riferimento.
Mutazione HFE rara
omozigosi
Genotipo ultra-raro. Il soggetto è affetto da emocromatosi. Descritti solo due casi nel mondo.
Delezione HFE Genotipo ultra-raro descritto solo in pochi casi originari della Sardegna. Il soggetto è affetto da emocromatosi spesso severa come manifestazione clinica.

Le forme di emocromatosi non-HFE sono rare o ultra-rare, ma non hanno una specifica distribuzione correlata all'etnia per cui si possono riscontrare in tutto il mondo. Nelle forme non-HFE sono comprese:

Recentemente è stata descritta una forma di emocromatosi severa ad insorgenza precoce associata a manifestazioni neurologiche con epilessia dovute a particolari mutazioni di un gene denominato PIGA.

Clinica

Tutte le forme di emocromatosi si caratterizzano per lo sviluppo di un sovraccarico di ferro nei diversi e tessuti la cui entità varia a seconda del gene e della proteina coinvolti e del loro ruolo nel sistema di regolazione del metabolismo del ferro, della severità delle mutazioni responsabili, della presenza di altri fattori genetici (per esempio la coesistenza del tratto beta-talassemico) o acquisiti (per esempio un elevato introito alcolico).

In generale si possono elencare le diverse forme in termine di gravità decrescente nel seguente ordine:
HAMP, HJV
TFR2
HFE, SLC40A1

Tuttavia, esistono numerose eccezioni a questa regola perché sono stati identificati pazienti con emocromatosi HJV-correlata e quadro clinico sovrapponibile a quello delle forme HFE e soggetti con emocromatosi TFR2-correlata con fenotipo compatibile con un'emocromatosi giovanile.

Inoltre, nella forma più comune (HFE-correlata) con il genotipo classico p.C282Y omozigote esiste una significativa variabilità di espressione da quadri di malattia lieve a quelli più severi. Questa variabilità è probabilmente dovuta alla diversa influenza di fattori acquisiti e genetici complessi ancora in studio.

Tutte le forme di emocromatosi si caratterizzano per la presenza di una saturazione della transferrina elevata, espressione dell'aumentato assorbimento del ferro a livello intestinale e del suo rilascio nel sangue a cui segue l'incremento della ferritina, espressione del progressivo accumulo di ferro nel fegato e negli altri organi.

Esiste in generale una relazione tra entità del sovraccarico di ferro e manifestazioni cliniche della malattia per cui tanto più rapido e severo è l'accumulo di ferro, tanto maggiori sono le probabilità di sviluppare le tipiche complicanze:

Non ci sono sintomi specifici che possano indirizzare alla diagnosi; infatti, la stanchezza e i dolori articolari (artralgie) sono condivisi con molte altre patologie e spesso confusi.

Pertanto, è indispensabile pensare all'esistenza dell'emocromatosi e richiedere gli esami specifici per sospettarla e cioè la sideremia, la transferrina (con cui calcolare la percentuale di saturazione della transferrina) e la ferritina oltre ad esami di carattere generale.

Il quadro clinico dell'emocromatosi può variare dalla sola presenza di alterazioni degli indici del ferro alla presenza di iniziali complicanze (in genere la fibrosi epatica), fino al quadro conclamato della malattia.

L'obiettivo ottimale è quello di diagnosticare l'emocromatosi prima della comparsa delle complicanze, perché la terapia eseguita precocemente ne impedisce lo sviluppo e conferisce ai pazienti una normale aspettativa di vita.

Diagnosi

La diagnosi di emocromatosi è semplice e si basa su:

Test biochimici

Saturazione della transferrina (TSAT) e ferritina; una TSAT > 45%, confermata ad un secondo controllo è indispensabile per ipotizzare la presenza dell'emocromatosi e accedere al test genetico molecolare. Una TSAT normale esclude l'ipotesi di emocromatosi.

La ferritina sierica dà un'indicazione dell'entità dei depositi di ferro. Nell'emocromatosi, un valore di ferritina > 1000 ng/mL può indicare un sovraccarico di ferro severo e il rischio di fibrosi epatica. Va ricordato, tuttavia, che la ferritina non è un indicatore perfetto dei depositi di ferro poiché può essere influenzata dagli stati infiammatori, dalla necrosi epatocellulare (danno a carico degli epatociti che si manifesta con valori elevati di transaminasi), da alterazioni metaboliche (iperglicemia, sovrappeso/obesità, dislipidemia), che possono indurre incrementi della ferritina non proporzionati al deposito di ferro.

Test genetico-molecolari

Consiste nell'analisi molecolare del gene HFE in prima istanza e, nel caso di negatività, nell'analisi degli altri geni responsabili. L'analisi del gene HFE prevede la ricerca della mutazione principale p.C282Y e della variante comune p.H63D per identificare i genotipi HFE più comuni.

In caso di negatività, vanno ricercate le mutazioni a carico degli altri geni, cosa che può essere eseguita con il sequenziamento gene dopo gene oppure con le tecniche più nuove (next generation sequencing – NGS) che permettono l'analisi contemporanea di tutti i geni responsabili delle diverse forme di emocromatosi. È opportuno che queste indagini vengano eseguite in centri qualificati.

Misurazione del ferro tissutale

In passato l'unico modo per misurare l'entità del ferro epatico era la biopsia del fegato che oggi è limitata a situazioni particolari, per la disponibilità di indagini non invasive altrettanto se non più precise.

Infatti, la risonanza magnetica quantitativa permette di misurare in modo preciso la concentrazione di ferro nel fegato, nel cuore, nel pancreas, nella milza e nell'ipofisi. L'indicazione all'uso di tale metodica va valutata caso per caso ed è di utilità non solo per definire la severità dell'accumulo di ferro, ma anche per orientarsi nella diagnosi delle forme di emocromatosi non-HFE prima di procedere al test genetico-molecolare.

La biopsia epatica ha oggi solo un'indicazione prognostica (definire la presenza del danno epatico), ma anche questa indicazione è in gran parte superata dall'utilizzo di metodiche non invasive come la fibroelastografia (Fibroscan®) che permette di valutare la presenza o assenza della fibrosi epatica.

 

Una volta posta la diagnosi, è necessario definire il piano di valutazione delle complicanze d'organo che varia a seconda dell'entità del sovraccarico di ferro e va stabilito caso per caso. A diagnosi confermata, il paziente ha diritto all'esenzione per patologia (RCG100) che copre tutte le indagini e terapie necessarie coerenti con la patologia.

È importante sottolineare quanto sia rilevante il fenotipo (le manifestazioni caratteristiche dell'emocromatosi) nella definizione diagnostica. Questa considerazione si basa sulla dimostrata esistenza di individui con genotipo a rischio senza espressione di sovraccarico di ferro e soprattutto di forme di emocromatosi non ancora non definibili dal punto di vista genetico. In quest'ultimo caso la risonanza magnetica quantitativa è indispensabile per porre la diagnosi di "emocromatosi da causa non definita" meritevole comunque dell'esenzione per patologia.

Infine, nell'iter diagnostico dell'emocromatosi è necessaria la conoscenza delle altre cause di sovraccarico di ferro (vedi Il sovraccarico di ferro) per condurre un'adeguata anamnesi e gli esami opportuni per la diagnosi specifica.

Terapia

La terapia consiste nel rimuovere il ferro in eccesso fino a raggiungere la normalizzazione dei depositi di ferro (ferrodeplezione). La rimozione del ferro in eccesso, oltre a prevenire il danno, è anche in grado di migliorare alcune delle complicanze se non già consolidate, quali la fibrosi epatica, il danno cardiaco ed endocrino, ma non le manifestazioni osteo-articolari che hanno un comportamento non del tutto prevedibile.

Salasso

È il modo più semplice ed efficace per eliminare il ferro accumulato. La quantità di sangue rimosso è generalmente di 400-450 mL nell'uomo e 375-400 mL nella donna, proporzionalmente al peso della persona.

La frequenza dei salassi varia in funzione dell'entità del sovraccarico di ferro ed è generalmente compresa tra 2-4 salassi/mese e va modulata in funzione dell'andamento dell'emocromo (per evitare le rare eventuali riduzioni dell'emoglobina al di sotto dei 12.5 g/dL nell'uomo e 11 g/dL nella donna) e della ferritina (per valutare la progressiva riduzione del sovraccarico di ferro).

Eritrocitoaferesi

In alcuni casi selezionati in base ai valori di emoglobina, alla severità del sovraccarico di ferro, alla presenza di controindicazioni o intolleranza alla salassoterapia o altre necessità da valutare, è possibile proporre l'eritrocitoaferesi, che consiste nel rimuovere il sangue, separare i globuli rossi e reinfondere il plasma.

Questa metodologia richiede una strumentazione specifica, un personale dedicato (nei centri trasfusionali) e un tempo maggiore del salasso, ma permette di rimuovere maggiori quantità di ferro ad ogni singola procedura.

Terapia ferrochelante

Sono disponibili tre diversi farmaci ferrochelanti, cioè in grado di eliminare il ferro nelle urine e/o nelle feci: la desferrioxamina, il deferiprone e il deferasirox.

La desferrioxamina deve essere somministrata solo per via parenterale, sottocutanea; la modalità classica richiede un infusore che inietta lentamente il farmaco in un periodo da 8-12 ore a dosaggi variabili di 20-40 mg/kg. In alternativa, il farmaco può essere somministrato sottocute in bolo lento (in dieci minuti) a dosaggi non superiori a 1 g (due flaconi da 500 mg). L'efficacia della terapia può essere definita attraverso il dosaggio del ferro eliminato nelle urine (sideruria). La maggior complessità di questo tipo di terapia e la sua minor efficacia limita il suo utilizzo a situazioni specifiche in cui esiste una controindicazione assoluta alla salassoterapia e all'eritrocitaferesi. (anemia associata all'emocromatosi, insufficienza cardiaca, cirrosi di grado avanzato).

Il deferiprone e il deferasirox sono chelanti ad uso orale, ma il loro utilizzo nell'emocromatosi è off-label (fuori indicazione) e richiede l'autorizzazione da parte del centro di coordinamento regionale e della farmacia dell'ospedale. L'autorizzazione richiede una relazione dettagliata del caso e delle motivazioni che rendono impossibili le terapie più tradizionali, facendo riferimento alla letteratura scientifica esistente e ai percorsi diagnostico-terapeutici (PDTA) disponibili.

I chelanti orali sono indicati e autorizzati dal servizio sanitario nazionale per il trattamento del sovraccarico trasfusionale nelle sindromi talassemiche e mielodisplastiche e nella talassemia intermedia.

Nel 2010 è stato pubblicato uno studio di fase I/II che dimostrava l'efficacia del deferasirox nel rimuovere l'eccesso di ferro nei pazienti con emocromatosi HFE.

prof. Alberto Piperno

[Articolo pubblicato il 30-06-2002 e aggiornato il 15-07-2023]